Paola Vona, guida abilitata di Napoli, ci porta alla scoperta del Cimitero delle Fontanelle di Napoli. Ringraziamo Gianpiero Di Stasio per gli scatti fotografici.
3000 metri quadri di cavità in tufo. Il cimitero delle Fontanelle è la più grande fossa comune di Napoli. Si trova nel rione Sanità, anticamente situato fuori dalle mura cittadine, dove già i greci avevano le proprie necropoli e, a seguire, i primi cristiani cominciarono a seppellire e pregare nelle vaste catacombe.
Senza dubbio un quartiere dai tanti tesori che è, anno dopo anno, sempre più valorizzato e amato, nonostante le diverse problematiche.
La cava delle Fontanelle, cosi detta per via delle sorgenti presenti nella zona, è stata utilizzata per secoli per l’estrazione del tufo giallo. Sono infatti ancora visibili le tacche sulle pareti create dai cavatori. Il posto è davvero imponente, una cava alta e profonda, con poche aperture da cui entrano deboli fasci di luce.
A partire dalla grande peste del 1656, che falcidiò la popolazione napoletana, la cava fu utilizzata per deporvi le migliaia di cadaveri che si accumulavano per le strade della città e, in particolare, nel largo Mercatello (l’attuale piazza Dante), impiegata come lazzaretto.
Da allora, fino al contagio di colera del 1836, vi si trasportarono i defunti della città (coloro che non potevano permettersi sepoltura nelle cappelle e terresante delle chiese) e si continuò ad utilizzare la cava (sono presenti anche degli scolatoi), nella quale furono trasportati, dopo l’editto di Saint Cloud, anche i cadaveri presenti nelle chiese cittadine. Incalcolabile il numero dei corpi sepolti.
L’attuale disposizione delle ossa, è frutto del lavoro di pulizia e riordino del 1872, realizzato dal sacerdote Gaetano Barbati. Il luogo, già di per se così particolare, è reso ancor più unico dalla diffusione del culto popolare, tipicamente partenopeo, per le anime cosiddette “pezzentelle”.
Il popolo del quartiere, in particolare le donne, spinto da sincera pietas per i poveri defunti senza nome della cava, presero l’abitudine di farvi visita. Si arrivò al particolare fenomeno dell’“adozione” dei defunti. Una volta scelto il proprio teschio, lo si puliva e disponeva in teche di vetro o marmo (ma anche scatole di latta o cartoni, a seconda delle possibilità conomiche) adornate con cuscini, fiori, rosari, immagini sacre, ecc.
Si faceva per dare conforto a quei defunti senza nome che, per la religiosità popolare, erano accostati alle anime del purgatorio, esofferenti e bisognose del “refrisco”, il sollievo, che solo le preghiere potevano apportare, per poter poi salire in paradiso.
Cimitero delle Fontanelle – Napoli
Alle “capuzzelle” adottate si chiedevano grazie di vario tipo: dalla guarigione, ad un marito e, soprattutto, i numeri da giocare al lotto. Le anime molto spesso ricambiavano la cura e le preghiere apparendo nei sogni del devoto, così come erano in vita, e dando i numeri da giocare.
Il fenomeno si diffuse moltissimo al punto che la chiesa, nel 1969, vietò il culto e le visite al cimitero, se non per messa al mese. Non si trattava soltanto di pregare per l’anima dei defunti, il fenomeno dell’adozione presentava caratteri pagani e stava, man mano, sfociando nel feticismo, essendo i defunti adorati non appartenenti alla schiera di santi e beati. E’ da sottolineare però l’attaccamento fortissimo del popolo alle “anime pezzentelle”, non soltanto per le richieste di numeri da giocare, ma, soprattutto, per sincera devozione e desiderio di alleviare le sofferenze di anime prive di qualsiasi conforto, abbandonate.
Ancora oggi, è facile trovare fiori freschi, lumini accesi, piccoli doni e, soprattutto, teche recenti. Numerose poi le preghiere inserite nelle teche, scritte su foglietti di recupero o biglietti dell’autobus. Molte risalgono al periodo del secondo conflitto mondiale: preghiere di madri e mogli, altre ai nostri giorni.
Nella grande cava vi sono alcuni teschi a cui sono legate leggende particolari, tramandate da devoto a devoto. Ci sono, ad esempio, Pasquale, anima celebre per i numeri giusti donati in sogno, e Concetta, la “capa che suda”, pregata e accarezzata dalle donne con desiderio di maternità. Il carabiniere, invece, è pregato dalle ragazze che cercano marito.
Lo stesso tipo di culto è presente anche nella cripta di una chiesa del centro storico, Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco. Anche lì i teschi venivano adottati e curati, in particolare Lucia, la sposa, pregata per ottenere la grazia di convolare a nozze. In strada, in corrispondenza dell’apertura che da sulla cripta, due teschi in bronzo e, sempre, fiori e lumini, a dimostrazione di come i napoletani continuino a voler prendersi cura delle anime pezzentelle.
Se volete fare un tour per scoprire questi luoghi dal vivo, Paola è la guida che fa per voi. Potete contattarla scrivendole a:
paola.vona@gmail.com